Il verme del rafano è più felice di me

copertina -verme del rafano

Il “Verme” su Facebook è qui

Potrebbe essere solo un arrivederci (febbraio 2018)

Con una sbrigativa e-mail collettiva, la casa editrice “Eretica” (a cui va comunque la mia gratitudine per averne reso possibile la pubblicazione) ha ufficializzato quanto già da tempo era nei fatti: la collocazione fuori catalogo del “Verme del rafano”.
Non lasciatevi però fuorviare dalle apparenze: è una notizia foriera di buonumore per più di una categoria di persone. Tra queste, vorrei rivolgere un appello a una in particolare: quella formata dai pochi che hanno approfittato dei due anni in cui il libro è stato disponibile per procurarsene una copia. Si premurino, costoro, di includerla nel proprio testamento, perché la fama postuma dell’autore ne renderà un giorno inestimabile il valore!
Meno motivi di rallegrarsi avrà invece chi avesse pensato: “Ah bene, così finalmente posso dirgli che mi dispiace e che l’avrei tanto voluto leggere!”. Per loro, infatti, è sempre disponibile su richiesta il file in pdf, in cambio della solita donazione a un ente benefico non religioso.
Per il momento il “Verme” approfitta dell’incipiente tempesta di burian per riporsi in freezer. Vediamo se a qualcuno verrà mai l’insana idea di scongelarlo.

Come il mondo ha appreso della pubblicazione del libro

(attivare i sottotitoli se non partono da soli)

Il verme del rafano for dummies – FAQ

Un altro libro di Valerio, bene. Ma è il sequel del “Bestiario Diplomatico”? No, tutt’altro genere. Si tratta di un metaromanzo che…

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Metaromanzo? E l’altra metà non c’è? (et similia) Ehm… temo sia già stata detta. Sono sicuro che puoi fare di più!

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Ok, riprovo: perché “verme del rafano”? È una metafora ispiratami da un detto yiddish, ma se davvero vuoi saperne di più ti toccherà arrivare almeno a pagina 87.

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Va bene, ma di che parla ‘sto cacchio di libro? Il pretesto per tener de­sta l’attenzione del lettore è una spy-story ironica e surreale, costruita in­torno alle disavventure di un hitchcoc­kiano uomo qualunque coinvolto suo malgrado in una macchinazione più grande di lui, in balìa di una misteriosa regia che lo co­stringe a decifrare messaggi in codice e prestarsi come tramite per lo scambio di materiale sensibile. Per quanto molto sui generis, però, al centro dell’intreccio c’è una storia d’amore. Ne sono protagonisti l’alter ego dell’autore e la sua sedicente “editor online”, sulla quale mi sia consentito di non anticipare di più.

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Come mai nel sottotitolo si parla anche di cinema? Perché in parallelo a quella menzionata sopra si sviluppa una seconda storia d’amore: quella dell’autore per la settima arte! Il libro trabocca di citazioni e allusioni cinefile, a cominciare dai nomi scelti per i personaggi: starà al lettore svelarli, come in un gioco. Che potrà diventare interattivo utilizzando questo blog per commentare o chiedere chiarimenti.

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Ma io ho sempre e solo guardato i film d’azione e quelli con Pozzetto o Celentano. Sono sicuro che quelli menzionati nel libro non li conosco! Motivo in più per leggerlo, non ti pare? E poi Celentano & friends una particina ce l’hanno!

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Parodia del genere spionistico, cinema e storie d’amore: sembra promettente. Ma se hai detto che questi sono solo dei pretesti, quali sarebbero i temi “seri”? Attraverso i dialoghi un po’ strampalati tra i due protagonisti prende corpo una riflessione su una serie di aspetti tipici della so­cietà post-tutto del dopo Guerra Fredda in cui (benché molti fatichino a rassegnarvisi) vivia­mo ormai da un quarto di secolo: la comunicazione spezzettata e continuamente interrotta tipi­ca dell’epoca internettiana; l’alienazione metropolitana; le contraddizioni dell’industria cultu­rale nell’epoca della massificazione e i criteri non sempre condivisibili che ne ispirano scelte e comportamenti (un sassolino che mi sono tolto dalla scarpa in sottile polemica contro il mondo dell’editoria); ma soprattutto la necessità di ripensare, alla luce dei tempi nuovi, le categorie con cui si è soliti considerare la politica e la religione, che vengono analizzate da un punto di vista post-ideologica­mente disincantato che si sforza di essere originale e provocatoriamente spiazzante.

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Troppo complicato. E se poi mi annoio? Ho cercato di essere il più leggero e (auto)ironico possibile, ma non sarei sincero se negassi che alcuni passaggi richiedono un piccolo sforzo. Del resto lo ritengo un prezzo inevitabile da pagare quando si voglia scavare un po’ sotto la superficie: personalmente ciò che mi annoia davvero è la banalità.

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Ho già una vita faticosa e stressante. Chi me lo fa fare di mettermi a leggere cose difficili nel poco tempo libero che ho? Premesso che, per chi non se la sente, ci sono sempre Fabio Volo o -meglio ancora- la TV, ci tengo a chiarire che il libro è tutt’altro che serioso. Anzi, è prima di tutto un divertissement che, utilizzando il registro del grottesco e una struttura “a scatole cinesi” ritmata da un continuo spostamento dei piani narrativi, ha l’ambizione di riuscire a porge­re con una certa levità anche argomenti “alti” (come per esempio la politica, il cui funzionamento viene descritto da un punto di vista scientifico ma con uno stile divulgativo “alla Piero Angela”). La sfida è dimostrare come sia possibile scom­mettere sull’intelligenza di un lettore di cui troppo spesso il mercato editoriale sembra dare per scontate sempli­cioneria e superficialità.

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Che cos’hai contro quello che propone il mercato editoriale? Proprio nulla! Si tratta banalmente di “du’ cose avulse”, come si dice in quel famoso sketch di Verdone. Come sappiamo, i primi posti nelle classifiche di vendita sono occupati da prodotti industriali confezionati con l’ausilio di software e ghost-writer: testi anodini pensati per assecondare i presunti gusti di un pubblico in cerca di un metaforico bicchierone d’acqua fresca per placare una sete momentanea senza lasciare tracce. Il mio invece è un prodotto artigianale in cui ogni singola parola è stata scelta e soppesata con cura con l’ambizione di lasciare qualche traccia nella mente del lettore. Anziché blandirlo con una cantilena rassicurante, cerco di stimolarlo a riflettere. A costo, magari, di mettere in crisi qualcuna delle molte certezze di cui ci hanno imbottiti da piccoli e che molti non hanno più nemmeno pensato di poter mettere in discussione. In fondo è proprio questo il vero obiettivo che – da buona Cassandra (vedi qui) – mi sono prefisso.

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Ma io con le mie piccole certezze mi sono sempre trovato bene e non voglio nessuno che me le me smonti! Benissimo! Dov’è il problema? Per quanto mi riguarda, amici come prima! Next question, please.

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Io però non leggo / leggo cose di genere molto diverso / la mia reazione alla notizia dell’uscita di questo libro è stata di fastidio perché non mi sento in grado di scriverne uno anch’io / mi sento in grado ma ho scelto di impiegare in altro modo il mio tempo / ho subito pensato: “fammelo aggiungere alla liste delle cose di cui non mi frega un etc. etc.”. Devo comprarlo lo stesso altrimenti Valerio ci rimane male? Ribadisco ovviamente quanto già detto per il “Bestiario Diplomatico” (vedi qui). Valerio ci rimarrà male solo se non saprai dimostrarti coerente: per esempio chiedendogli “Allora, il libro?” ad ogni utile occasione pur sapendo di appartenere a una delle categorie sopra elencate.
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Dopo le prime due dei “Bestiari”, ecco la tua terza “fatica letteraria”. Ma ci campi con questo lavoro? Altroché! Ce l’ho più grande del cardinal Bertone (l’attico)! Seriamente: chi voglia farmi i conti in tasca sappia che per me questo non è un “lavoro” inteso come come attività remunerata. Anzi, per ora ho solo dovuto sostenere dei costi e gli unici ricavi che me ne deriveranno sotto forma di diritti d’autore, per quanto risibili (circa 1 euro netto per ogni copia venduta, nel caso del “Bestiario”), andranno a Emergency.

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Hai dovuto pagare per fartelo pubblicare? No, come per il “Bestiario” l’ho proposto a centinaia di case editrici finché – dopo più di un anno di tentativi – sono finalmente riuscito a trovare quella disposta a credere nel mio lavoro. In linea di principio non ho nulla contro l’editoria (né il sesso) a pagamento: semplicemente non sono il mio genere.

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Perché quel tirchione di Valerio non me ne regala una copia, che ne avrà la casa piena? Alle sacrosante e sempre valide considerazioni già fatte sul “Bestiario” (vedere), aggiungo che Valerio è l’autore del libro, e non l’editore (so du’ cose avulse, come si diceva sopra). Per regalartene una copia, dunque, dovrebbe prima acquistarla a sua volta presso quest’ultimo. Altro che casa piena (ma l’esperienza insegna che va chiarito anche questo).
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Ma è lunghissimo (e costoso) come il “Bestiario”? No, per vostra fortuna solo solo 156 pagine. E anche il prezzo – su cui, voglio ripetermi, non avevo e non ho alcuna voce in capitolo – è molto più abbordabile: solo € 9.90 per chi utilizza il sito dell’editore, più € 1.90 (€ 3.80 con raccomandata tracciabile) per la spedizione in Italia. Il link è questo (solo bonifico, Paypal o contrassegno a mezzo raccomandata).

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Ho letto tutto fin qui, eppure ho lo stesso intenzione di comprare il libro. Si trova anche su altri siti? E per l’estero? Se i sistemi di pagamento di cui sopra rappresentano un problema, si possono utilizzare anche diversi siti online, dove però i costi potrebbero essere un po’ più alti (Ibs, per esempio). Le spese per farselo spedire all’estero, purtroppo, temo che siano proibitive.

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Lo trovo anche esposto in libreria? Sconsiglio sempre di porre questa domanda: potrebbe ingenerare l’impressione che in libreria non ci si entri da molto tempo. Se l’acquisto online è un problema, in ogni caso, qualunque libreria potrà procurarlo. Ovviamente ci vorrà più tempo e probabilmente toccherà acquistarlo a prezzo pieno (€ 13).

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Gli effetti collaterali associati ad una prolungata esposizione al libro sono gli stessi già segnalati per il “Bestiario”? Temo di sì. Le dimensioni del bugiardino sono simili a quelle delle carte stradali d’Italia del Touring Club.

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Vale anche per questo libro l’avvertenza che, leggendolo al contrario, potrebbero apparire messaggi satanici come nei dischi dei Rollinstòns? Certo. Secondo un recente articolo apparso sul Quarterly Journal of Medicine, un otorinolaringoiatra di Caronno Pertusella vi avrebbe chiaramente riconosciuto il testo di “Champagne” di Peppino di Capri. Non a caso tengo molto a precisare che declino qualsiasi responsabilità.

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Ho letto tutte le domande precedenti ma non sono riuscito a capire una cosa che mi interessa. Come posso fare? Ma scrivimi, benedetta/o figliola/o. Siam qui per questo, no?

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Bene. Come ci lasciamo? Ricordando l’hashtag, naturalmente: #JeSuisParisi!

JesuisParisi

11 pensieri su “Il verme del rafano è più felice di me

  1. Meno male che escono ancora libri così (e non mi pagano per dirlo). Inclassificabile ai sensi dei canoni editoriali codificati, imprevedibile e spiazzante nella sua struttura, assai poco appetibile per i tenutari dei marchettifici mediatici e proprio per questo consigliabile, senza snobismi di sorta, perché si legge benissimo anche se non vellica in modo paraculo i bassi istinti del lettore, invitandolo a riflettere sui grandi temi della vita. Mi sono divertito molto, immedesimato spesso, e condivido le riflessioni dell’autore. Un libro piacevolissimo che non abbandonerò sullo scaffale, ma rileggerò di sicuro per cogliere nuove sfumature e tornare a meditare su utili disamine dei massimi sistemi declinate seriamente, ma non seriosamente.

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  2. In tre sere l’ho finito. Cosa ne penso? È originale, con alcuni spunti divertentissimi su una base invece molto seria. Non di facile lettura. Personalmente ho preferito il “Bestiario”, un po’ per la narrativa più fluida, e forse anche per la comunanza di esperienze, che invece ho riscontrato meno nel Verme. Non mi riferisco alle chiavi di lettura “adulte” su religione, società etc., che invece trovo largamente condivisibili. (In effetti il dialogo sulle origini del cristianesimo è una delle parti che mi sono piaciute di più!). Piuttosto, la mia coscienza politica e’ così bassa che ho trovato un po’ troppo lungo il capitolo “politico”.
    Grazie per i sorrisi dolci-amari che mi hai regalato nel leggere certi brani sui bambini ai giardinetti, sulle vecchie cabine telefoniche, su come era la vita quando eravamo giovani…
    In ogni caso, aspetto il terzogenito in libreria.

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    1. grazie per il commento, di cui credo di aver colto anche il non detto (o detto “tra le righe”).
      In fondo credo che il “Verme” non ammetta mezze misure. È una specie di “sfida” per il lettore: può prendere molto, se riesci a calarti nel suo spirito, o lasciare sostanzialmente indifferenti, come forse è successo a te con la parte relativa alla politica (che pure ne è il nucleo fondamentale). Del resto la reazione della famosa “A.” del Bestiario è stata più o meno la medesima, ma questo evidentemente è dovuto al fatto che quella che per me è da sempre una vera e propria ossessione (interrogarmi sui significati ultimi delle gerarchie e la natura e i meccanismi del potere) rappresenta per altri -anzi, forse dovrei dire “altre”- una questione assai più marginale.
      Comunque confermo l’appuntamento con il quartogeMito (dico così perché in fondo i “Bestiari” sono due) a data da destinarsi.

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    1. Ho sempre trovato molto istruttivo osservare come impiegano il proprio tempo le persone che dicono di non avere tempo. Non so che cosa sia “una edizione Smart per FB”, ma certamente alcuni di quelli che – come me – ne dedicano una parte non piccola alla scrittura troverebbero offensiva la proposta di condensare il frutto della propria fatica in un “bigino” da gettare in pasto a un’orda distratta di spippolatori compulsivi del cellulare. Non è il mio caso, però: spero di avere abbastanza ironia per riuscire a considerarla un’immagine molto in linea con quelle contenute nel libro, e magari uno spunto per un prossimo racconto!

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  3. Una recensione:
    Surrealismo tarantiniano: è questo il riassunto di “Il verme del rafano è più felice di me”, un testo che vive un continuo intreccio tra finzione e realtà, romanzo grottesco e satira intellettuale. Un viaggio che parte dall’autore stesso, che si immerge nel racconto mediante personaggi antagonisti e complici di un giallo dalla surreale soluzione. Il lettore di così tanto delirio narrativo è accompagnato dentro e fuori dai livelli narrativi non senza esser chiamato in causa in prima persona. Come? Mediante un continuo e sottile invito alla riflessione. L’autore mediante i suoi personaggi, lungi dall’imporre una prospettiva, sprona il lettore a porsi quesiti per i quali ormai si dà forse per scontata la “non conoscenza” delle risposte. Tre i grandi temi scanditi nel testo: religione, società e politica, ma il tutto assume quasi la dimensione irriverente e scherzosa grazie a personaggi che nel testo danno luogo ad un intreccio narrativo arricchito da citazioni cinematografiche. Come non notare ”l’amore” dell’autore verso la regia di Woody Allen? Tuttavia ne dobbiamo tradire le aspettative perché la lettura del testo porta la mente al Synecdoche, New York di Charlie Kaufman con la magnifica interpretazione di Philip Seymour Hoffman e non solo, perché per avere un quadro completo occorre aggiungere allo stesso una ricca componente di dialoghi del miglior Tarantino. Piaccia o non piaccia la riflessione, alla fine di un tale iperbolico libro ci resta l’intimo dubbio su quanto ognuno di noi sia un verme del rafano e questa non è altro che una delle domande alle quali tutti, come l’autore, dovremmo esercitarci per lo meno a dare una risposta ponderata.

    William Bavone

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    1. Grazie per questa bella recensione.
      Curioso come tu scelga di citare due tra i pochi riferimenti cinematografici assenti nel libro (Tarantino e “Synecdoche, New York”), a dimostrazione che le chiavi di lettura di un testo sono sempre tante quante i suoi fruitori.

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  4. Terminato anche il secondo parto di Valerio. Confermo l’ impressione avuta con il Bestiario: è una scrittura impegnativa, che richiede attenzione e (forse più ancora) disponibilità a mettersi in discussione, almeno quanto valga la pena. Alcuni passaggi sono forti; i dialoghi (fra vari personaggi) spesso stanano idiosincrasie che nessuno ammetterebbe (con sè stessi, figuriamoci con altri) di avere. Personalmente mi sono ritrovata in molte di queste e, per quanto la mia conoscenza di Valerio sia assolutamente superficiale e virtuale, più volte l’ ho mentalmente ‘ringraziato’ di avermi fatta sentire un pò meno sola nel mio sentirmi tagliata fuori dal mondo. C’ è una frase, all’ inizio, che mi ha colpita per la frequenza con cui mi imbatto e sbatto in questo concetto “Lo prendeva sempre un gran magone quando pensava al futuro incerto e precario delle nuove generazioni, strette nella tenaglia di un’ aspettativa di vita destinata ad accrescersi in misura inversa alla sua qualità”. Una menzione particolare la merita Nathalie: fantasticamente rompicoglioni, ironica, sarcastica; peccato sia un’ invenzione. O forse no?

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    1. Grazie, Popi. Non sei la prima persona a definire la mia scrittura come impegnativa e richiedente attenzione e disponibilità a mettersi in discussione. Sei però tra le prime a farmi capire che, in fondo, lo consideri un pregio e non un limite, e di questo ti sono grato. Se ho così pochi lettori un motivo ci sarà, no?
      Nathalie è ovviamente la rappresentazione compensatoria della donna con cui avrei voluto condividere questa vita. Speriamo che almeno nella prossima non ci sarà bisogno di “inventarla”…

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  5. Ho letto il “Verme del rafano” e l’ho trovato un intelligente e ironico esercizio di metanarrativa. Leggere in periodo pre-elettorale le tue (ehm, del tuo personaggio) riflessioni sulla politica e sulla democrazia è stato un balsamico veleno spalmato sui miei già lussureggianti dubbi. Mi è piaciuto il neologismo “fabiovolismo”. Mi congratulo inoltre perché è uno dei pochi libri in cui, oltre a non aver trovato alcun refuso, ho trovato la parola “disamina” scritta correttamente (di solito trovo “disanima”, il che mi disanima alquanto). La mia citazione preferita: “Di certi critici ho sempre invidiato l’indiscusso talento nella scelta degli spacciatori.”
    Aggiungo che mi ha molto divertito l’idea della doppia recensione: anch’io ho sempre pensato che qualsiasi opera (dalla “Divina commedia” in giù) si possa sia magnificare che stroncare. Miracoli della retorica, dei pusher dei critici talentuosi (e di chi paga questi ultimi)…

    Maurizio

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    1. Grazie! Più che mie (o del mio personaggio), le riflessioni sulla politica e sulla democrazia sono frutto di anni di studio di scienza della politica e sono dunque del tutto incompatibili con la pratica della “democrazia realizzata”, quella che mi piace definire “un baraccone che si regge sul fatto che quasi nessuno è interessato a sapere come funziona”. Come ho scritto nel libro, del resto, è anche meglio che sia così, perché se più persone diventassero consapevoli della sua natura, le spoglie dell’attuale sistema sarebbero soppiantate ancor più in fretta da quello che lo seguirà, e che verosimilmente sarà mòòòlto peggio. Ecco perché esorto tutti a continuare a farsi abbindolare dalle Vanne Marchi di turno e continuare a regalare loro il consenso che piatiscono ogni giorno (ormai, infatti, la campagna elettorale è diventata più permanente della rivoluzione trotzkiana).

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